D.ssa Annarita Fittini
 
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Trauma e creatività

Freud si è interessato al trauma fin dai suoi primi scritti (1892, 1895, 1915). In particolare ha messo in evidenza gli aspetti economici della sovrastimolazione massiccia e dell'impotenza dell'Io di fronte al trauma. Freud pensava che le persone non potessero mettere fine all'evento traumatico, come se lo avessero perennemente dinnanzi. Nel trauma la psiche è inondata da un possente stimolo in un breve lasso di tempo, che non può essere affrontato o di cui non ci si può liberare nella maniera usuale.Per Freud il trauma consiste in un eccesso di energia impossibile da elaborare per l'apparato psichico.

L'esistenza del trauma è considerata da Freud non solo come una situazione traumatica ma anche come un processo, in cui si risvegliano e convergono oltre alle trasgressioni sessuali e aggressive da lui descritte come serie complementari (1915), anche le offese remote che l'Io ha subito nel passato infantile, le umiliazioni narcisistiche (1914).

 

L'assunto fondamentale di Winnicot (1958) relativamente al trauma consiste nel fatto che tutti i fallimenti che avvengono durante l'infanzia con una madre sufficientemente buona (altrimenti detta da Freud barriera di protezione antistimolo o funzione para eccitatoria), possono creare squilibri o dissociazioni nell'integrazione dell'Io. La madre all'inizio, con un'adattamento quasi al cento per cento ai bisogni del neonato, fornisce al bambino l'opportunità di una illusione che il suo seno sia parte del bambino (come tutte le cure materne in genere). Questo è per così dire, sotto il controllo magico del bambino. L'onnipotenza infantile è quasi un fatto esperienziale. Il successivo compito di una madre sarà quello di disilludere gradualmente il bambino, ma per Winnicot ciò sarà possibile solo se la madre è stata capace di fornire una sufficiente opportunità di illusione.

 

Masud Kan parte proprio da queste formulazioni per teorizzare il trauma cumulativo (1963). Nel periodo evolutivo il bambino necessita della madre e la usa come proprio scudo protettivo, ovvero come ambiente prevedibile per i propri bisogni anaclitici.

Kan sostiene che il trauma cumulativo sia il risultato di brecce o fratture in tale barriera protettiva che possono verificarsi lungo tutto il corso dello sviluppo infantile, dalla prima infanzia all'adolescenza, ovvero in tutte quelle situazioni in cui il bambino continua ad aver bisogno della madre come Io ausiliario. Le brecce descritte da Kan corrispondono ad un'incapacità materna di adattamento ai bisogni anaclitici del bambino, esse non sono traumatiche singolarmente, ma si accumulano in maniera invisibile e silenziosa nel corso del tempo e attraverso il processo dello sviluppo infantile. Da qui la difficoltà di scoprirle clinicamente nell'infanzia. Esse si fissano gradualmente nei tratti specifici in un struttura caratteriale definita. Le brecce del trauma cumulativo hanno il carattere di una pressione e non costituiscono tanto una deformazione dello sviluppo dell'Io e dell'evoluzione psicosessuale quanto in una loro deviazione. Il concetto di trauma cumulativo conduce a una ridefinizione del trauma, che oltre ad essere spostato dalla sfera della sessualità verso quella del Sè, perde anche la sua dimensione drammatica e localizzata nel tempo, per dispiegarsi nel tessuto del microtrauma, le cui conseguenze assumono la forma di una patologia cronoca progressive, che impedisce lo sviluppo dell'Io. Quando i fallimenti della madre nel suo ruolo di scudo protettivo sono significativamente frequenti, si possono generare dei nuclei patologici, riconoscibili - nella stanza d'analisi- attraverso l'uso massiccio di meccanismi difensivi arcaici e sproporzionati, come il diniego, la scissione e le formazioni reattive che interferiscono con i processi evolutivi.

 

L'elemento più importante per comprendere il trauma è la violazione del Sè (inteso come corpo e psiche del bambino), attraverso interazioni patogene con l'adulto che interferiscono con un normale sviluppo evolutivo del bambino.

 

Io avverto un profondo senso di malessere che non saprei descrivere a parole, ma che invece so benissimo dipingere. Attraverso l'arte cerco di vedere chiaro nella mia relazione con il mondo, e se possibile aiutare anche chi osserva le mie opere a capirla e guardarsi dentro (E. Munch).

 

Per conoscere qualsiasi realtà umana profonda e angosciosa c'è bisogno di uno scudo protettivo, di una barriera di protezione anti stimolo che protegga dal terrore di un incontro troppo ravvicinato. A volte sono i sogni e la fantasia a creare lo schermo, altre volte il palcoscenico interno, altre ancora la stessa voce dell'uomo, oppure alcune creazioni artistiche. Winnicot ci ricorda come la creazione artistica prende a poco a poco il posto dei sogni o li completa e diviene di vitale importanza per il benessere dell'individuo e quindi per l'umanità.

Sono quindi i linguaggi dell'arte, nelle varie forme espressive, che ci possono suggerire sentieri nuovi per avvicinarci alla lingua segreta della nostra psiche. In particolare sono i punti germinativi dei nostri processi mentali, esperienze di confine tra caos ed emozioni, il terreno comune cui arte e psicoanalisi rivolgono le loro attenzioni. Alcune forme dell'esperienza vitale sono incomunicabili e inesprimibili mediante il linguaggio verbale, ma possono essere veicolati da espressioni artistiche, che proprio nell'astrazione e nel simbolo, fondano il loro potere. In virtù della loro struttura dinamica, esse possono anche rappresentare i sentimenti e costituire il mezzo attraverso cui un osservatore può riconescere un movimento interno originario.

 

Molti autori, tra i quali Freud, Ferenczi, Kan e la Mac Dougall, identificano nelle situazioni gravemente traumatiche un'impronta, una sorta di oggetto psichico residuale, parassitario, connotato di morte, che distrugge l'organizzazione psichica acquisita. Tale impronta è fuori dalla capacità di rappresentazione e di pensabilità, fuori dalla sfera dell'Io e produce una destrutturazione interna e ridetermina l'assetto identitario. Si costituisce allora nella vita psichica del soggetto traumatizzato un'area chiusa, simile al musulmano di Primo Levi nei Sommersi e i Salvati (1986), ovvero una figura viva-morta che include un grumo psichico asimbolico in cerca di una nuova espressività.

La creatività umana, d'altro canto, permette l'avvio di un lavoro di elaborazione e di trasformazione dei materiali psichici grezzi, come si osserva nei sogni e nelle fantasie, da sempre portatori di elementi inconsci universali. Potrebbero quindi essere i linguaggi dell'arte, nelle varie forme espressive, a mostrarci nuovi sentieri per avvicinarci alla lingua segreta della psiche e a dare forma ai precipitati residuali del trauma.

 

Spunti bibliografici:

Freud S. (1982) Scritti sull'Isteria. In Sigmund Freud Opere.Vol.I. Bollati Boringhieri Torino

Freud S. (1895) Progetto per una psicologia scientifica. In Sigmund Freud Opere Vol.II. Bollati Boringhieri Torino

Freud S. (1915) Introduzione alla psicoanalisi. In Sigmun Freud Opere Vol.III Bollati Boringhieri Torino

Winnicot D.W. (1958) Dalla pediatria alla psicoanalisi. Psycho, G. Martinelli, Firenze

Masud K. (1964) Lo spazio privato del Sè. Bollati Boringhieri Torino